Oltre 2000 partecipanti alla 25esima edizione della campagna di pulizia delle spiagge estesa a tutto il Mediterraneo. Più di 13 tonnellate i rifiuti raccolti da 17 Paesi diversi, di cui oltre l’80% è plastica
Nel 40% delle spiagge monitorate sono stati ritrovati guanti, mascherine o rifiuti legati alla cattiva gestione dei DPI
Legambiente: “C’è l’urgenza di affrontare il tema dei rifiuti marini in modo integrato e di adottare politiche comuni di produzione e consumo sostenibile estese a tutto il bacino”
Un Mediterraneo unito nella lotta ai rifiuti marini. Dalla Palestina alla Francia, dall’Italia alla Grecia, oltre 2000 persone, armate di sacchi e guanti, hanno preso parte all’appuntamento sulle spiagge di tutto il Mediterraneo con un unico obiettivo: ripulirle dai rifiuti e lottare per un mare più pulito.
Clean Up The Med, campagna di sensibilizzazione Legambiente sulla gestione sostenibile e sulla riduzione dei rifiuti marini, è tornata dal 25 al 27 settembre per un week-end di mobilitazione che ha coinvolto associazioni, università, comuni, enti pubblici, scuole e cittadini. Una grande iniziativa di volontariato ambientale promossa quest’anno da COMMON (COastal Management and MOnitoring Network for tackling marine litter in Mediterranean sea), progetto europeo finanziato da Eni CBC Med che coinvolge Italia, Libano e Tunisia con l’obiettivo di tutelare le coste del Mediterraneo dal marine litter attraverso una gestione sostenibile.
Quest’anno, alla fine di un’estate marcata dall’emergenza sanitaria, hanno aderito all’iniziativa circa 100 organizzazioni provenienti da 17 Paesi: Italia, Francia, Spagna, Algeria, Libano, Tunisia, Egitto, Palestina, Croazia, Cipro, Marocco, Malta, Giordania, Macedonia del Nord, Turchia, Libia, e Grecia. Oltre 25 i chilometri di spiaggia ripulita dai rifiuti, che mostrano come il problema dell’incuria e del cattivo smaltimento accomuni tutta l’area mediterranea: alle plastiche monouso, ubiquitarie e ritrovate in gran quantitativi sulle coste battute, si aggiungono cicche di sigaretta, metallo, tessile e legno lavorato. Non mancano guanti, mascherine e dispositivi sanitari legati all’emergenza COVID-19.
“Negli anni Clean Up The Med ha coinvolto 21 paesi del Mediterraneo, oltre 1500 località e migliaia di volontari. Anche quest’anno, nonostante le difficoltà, la campagna ha riunito moltissime persone in piena sicurezza, segno che la lotta per un Pianeta più pulito rappresenta una priorità senza confini”, commenta Serena Carpentieri, vicedirettrice di Legambiente. “Inoltre, il progetto COMMON ha ulteriormente rafforzato il legame con il sud del Mediterraneo e sta creando una rete di grande valore per progettare interventi di gestione estesi a tutta l’area, al fine di ridurre il problema dei rifiuti in mare anche attraverso modelli di governance comuni”.
Complessivamente, oltre 2000 volontari, dagli 8 ai 70 anni, hanno partecipato alla campagna, tra bambini, studenti universitari, strutture ricettive, associazioni, scouts, e volontari della Mezzaluna Rossa. Tutte le iniziative sono state realizzate nel rispetto dei protocolli previsti dall’emergenza COVID-19. Le attività di pulizia si sono svolte principalmente in spiagge situate in prossimità dei centri urbani, e hanno portato alla raccolta di oltre 900 sacchi di rifiuti, più di 13 tonnellate in totale.
Oltre l’80% dei rifiuti rinvenuti è costituito da plastica: primi fra tutti, bottiglie e sacchetti, seguiti da tappi, cannucce e bicchieri. In quasi tutte le spiagge monitorate sono presenti cicche di sigarette, e nel 40% delle spiagge ripulite sono stati ritrovati guanti, mascherine o rifiuti legati alla cattiva gestione dei DPI (inLibia, Spagna, Grecia, Croazia, Libano, Tunisia e Algeria in quantitativo maggiore).
I dati emersi dalla Clean Up The Med si mostrano in linea con quanto segnalato dai turisti e i residenti in aree costiere mediterranee che hanno preso parte all’indagine BEach CLEAN, un sondaggio sulla gestione dei rifiuti promossa dal progetto COMMON e rivolta principalmente a rafforzare il legame fra i turisti e le strutture balneari in un’ottica di sostenibilità. Sono state collezionate 200 risposte da turisti e residenti provenienti da 9 diversi Paesi: Italia, Libano, Tunisia, Algeria, Marocco, Spagna, Francia, Olanda, Albania e Lettonia. Anche in questo caso, i rifiuti più rinvenuti sono i mozziconi di sigaretta (37%) e i frammenti di plastica (35%), seguiti da tamponi di cotone (6%) e pezzi di polistirolo (4%). Il 30% dei rispondenti ha notato l’abbandono di DPI, e solo la metà afferma di aver sempre cura di smaltirli correttamente. Inoltre,il 66% dichiara che le strutture turistiche non hanno adottato misure speciali per prevenire la dispersione dei DPI nell’ambiente.
Oltre alla scarsa attenzione individuale si evidenzia la necessità di rafforzare azioni di sensibilizzazione e politiche locali e nazionali destinate alla riduzione del marine litter: il 64% degli intervistati afferma di non essere sempre attento a differenziare i rifiuti, e il 32% dichiara che in località turistiche non è possibile differenziare con facilità. Infine, il 71% pensa che i cestini di raccolta lungo le spiagge non siano sufficienti.
“La maggior parte dei rifiuti in mare è composta da plastica e ed è frutto non solo della scarsa attenzione da parte di consumatori, ma anche da un sistema produttivo e di gestione inadeguato”aggiunge Serena Carpentieri. “Uno tra gli ostacoli maggiori alla sostenibilità ambientale è dato dalle differenti normative tra paesi del Mediterraneo. Oltre alla necessità di approvare il recepimento della Direttiva europea per la limitazione del monouso quanto prima a livello nazionale, c’è l’urgenza di affrontare il tema dei rifiuti in mare in modo integrato e di adottare politiche comuni di produzione e consumo sostenibile estese a tutto il bacino”.
Nei paesi del sud del Mediterraneo è emersa negli ultimi anni una costante tendenza all’aumento della produzione di rifiuti pro capite, con una media di 489 kg di rifiuti l’anno, che in futuro è destinata ad aumentare (+ 29% nel 2030 e + 50% nel 2050; fonte World Bank, 2018) a seguito della crescita della popolazione e del paradigma economico lineare predominante. Anche se i dati disponibili per i paesi del Mediterraneo del Sud sono limitati, sembra emergere un aumento della frazione di plastica.
“Nonostante i miglioramenti degli ultimi decenni, la raccolta differenziata rimane un problema significativo nella maggior parte dei paesi del sud Mediterraneo”, conclude Serena Carpentieri. “Un problema che può trasformarsi nell’opportunità di migliorare la copertura e l’efficienza della differenziata, con risvolti ambientali, sociali e impatti economici importanti”.